LE CASTAGNE TRA TRADIZIONE E LEGGENDA

 

Testo, ricerca e grafica di Marina De Blasiis.

 

IL CASTAGNO

 

 

 

 

Specie Castanea sativa, appartiene, insieme alle querce e ai faggi, alla famiglia delle Fagaceae.

 

Originario dell'Asia Minore e introdotto in Europa Occidentale dai Romani, è un albero longevo, alto in media dai 15 ai 20 metri, capace di raggiungere anche 30-35 m e 6-8 m di circonferenza.

 

E’ presente nelle regioni montuose temperate fra i 300 e i 1000-1200 m, a seconda della latitudine. Amante del sole pieno, vegeta meglio in posizioni esposte a nord/nord-est poiché meno soggette a periodi siccitosi estivi e con minori escursioni termiche.Vive di norma in zone con almeno 30 mm di piogge nei mesi estivi: con meno precipitazioni la produzione può essere fortemente ridotta. Il castagno esige una temperatura superiore a +10°C per almeno sei mesi. Resiste, comunque, bene alle basse temperature invernali (anche –20-25°C).

 

 

 

Le foglie sono caduche, la forma è ellittico-lanceolata, dentate ai bordi, misurano da 8 a 20 cm in lunghezza e da 3 a 6 cm in larghezza. La loro consistenza è piuttosto tenace, quasi coriacea.I fiori, riuniti in infiorescenze (amenti), sono formati da fiori unisessuali portati sulla vegetazione dell’anno e si evolvono solo a fogliazione completa; i fiori maschili sono portati in infiorescenze lunghe; i fiori femminili, solitari o aggregati in numero da 2 fino a 7, sono localizzati alla base delle infiorescenze e protetti da un involucro verde, squamoso, destinato a costituire il riccio. La fioritura si verifica fra inizio giugno e metà luglio in funzione della latitudine e delle condizioni stagionali.

 

 

 

I frutti (acheni), sono generalmente 3 inclusi in un riccio spinoso. I laterali sono emisferici mentre quello centrale è appiattito per cause genetiche ed anche per la posizione all'interno del riccio.

Castagne vuote sono dovute a cattiva impollinazione

 

CULTIVAR MARRONI:

Caratterizzati da frutti grossi, di forma quadrangolare, in cui la pellicina (episperma) non penetra all’interno. Presentano anche un solo frutto per riccio.La buccia è marrone più o meno scuro con strisce evidenti.

 

 

CASTAGNE: frutti poliembrionici in cui la pellicina penetra all’interno. Di questo gruppo fanno parte numerosissime varietà che prendono nomi diversi, anche dialettali, a seconda della zona.

 

 

 

 

 

Nella nostra zona si trovano :

 

Tempuriva o Augustana. Le prime vengono raccolte già in agosto pronte per la consumazione.Venivano raccolte quando la castagna era ancora chiusa nel riccio, la buccia era tenera e acerba. Venivano solitamente bollite con patate e semi di finocchio.

 

Caravina. E’ una delle più buone, dal gusto dolce.

 

Gualdàn. E’ una castagna di notevoli dimensioni che matura ovunque, ma non essendo innestata è di qualità scadente, non rilascia la pellicina ed è destinata al bestiame.

 

Marùn. E’coltivata nelle zone rivierasche, è di color marrone chiaro e di grosse dimensioni, è una delle più dolci e apprezzate.

 

Salvàdegh o salvadegòtt. E’ prodotta da alberi non curati né innestati ed è piccola, senza particolari caratteristiche ma molto saporita se mangiata abbrustolita. Topia. Piccola, scura, adatta alla conservazione perchè resistente all’attacco dei parassiti.

 

MARRONI FRANCESI: alcuni sono di probabile origine italiana per cui le caratteristiche salienti sono del tutto simili a quelle dei Marroni italiani.

 

CULTIVAR IBRIDE: ottenute per incroci fra le cultivar europee (principalmente francesi) e il castagno giapponese (C. crenata) e, più recentemente, cinese (C. mollissima).

 

 

 

Il castagno era considerato fonte di alimento fondamentale per le popolazioni della montagna.

 

 

 

Veniva innestato e potato regolarmente, si ripulivano le piante del sottobosco che avrebbero potuto danneggiarlo, si estirpavano le erbacce, il terreno veniva pulito, concimato, e falciato con cura. Si utilizzavano semplici attrezzi per lavorare la selva, cioè i boschi di castagni: il rastrello, la falce, la scopa  realizzata con ramoscelli di betulla.

 

Se gli alberi si trovavano su terreni ripidi, per favorire la raccolta delle castagne  si preparavano, in fondo alla selva, delle siepi con fascine di legna e questo per permettere alle castagne cadute di raccogliersi e non rotolare troppo in basso, disperdendosi lungo i pendii o rotolando in proprietà altrui.

 

La raccolta delle castagne iniziava solitamente tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre e continuava fino a novembre. Al proprietario della selva spettava il raccolto e, tutta la sua famiglia era impegnata nel lavoro.

La raccolta avveniva principalmente a mano. I ricci che rimanevano chiusi si battevano con l’aiuto di rastrelli (sbatador, rastrello senza denti) e bastoni (batidor, mazzuolo con manopola di traverso). Le castagne si mettevano dapprima in ceste e panieri di vimini intrecciati (cavagnöi) e in qualche piccola gerla (berla) per poi essere messe in grosse balle di juta.

 

La raccolta veniva fatta esclusivamente nella propria selva; nessuno osava raccogliere le castagne nella proprietà altrui, perché, colti sul fatto, si veniva allontanati con rimproveri e minacce o, addirittura, a sassate.

 

Chi era in possesso di molte selve ne cedeva una parte a un'altra famiglia in cambio di un modesto compenso.

 

 

 

Solo dall'undici di novembre la raccolta era libera e le selve erano aperte a persone e bestiame. Le persone munite di cesti e sacchi raccoglievano castagne ovunque ne trovassero; era consentita la spigolatura delle castagne nelle selve e nei prati.

 

Nel periodo della maggior caduta i contadini si recavano due o più volte al giorno nella selva: facevano questo lavoro per 2 o 3 settimane. Le donne avevano un piccolo sacco che legavano  alla vita e quando era pieno lo svuotavano nella gerla.

 

 

 

Ai ragazzi spesso veniva assegnato il compito di raccogliere le castagne: essi si recavano nelle selve muniti di ceste al mattino, prima di andare a scuola, e al pomeriggio dopo le quattro, finite le ore di lezione.

 

 

Essiccatura Le castagne, dopo la raccolta venivano portate all’essiccatoio (caselèt di castegn o secadùu) a seccare sui graticci (graa).

 

 

 

Essiccatoio e graa

 

Era una piccola baita in muratura, formata da quattro muri in pietra, un tetto solitamente coperto da paglia, per esigenze di tiraggio, ma talvolta anche da lastre di pietra, con un alto locale diviso a metà in verticale da un pavimento formato da un graticcio (da qui il nome graa) sul quale venivano sistemate le castagne.

 

La graa era formata da una serie di travi come quelle che sostengono i soffitti delle abitazioni normali, poste a un'altezza da terra che varia dai due metri e mezzo fino ai tre metri.

 

 

 

Graa vista dal locale sottostante

 

Sulle travi si posavano senza fissarli listelli di nocciolo (scudech) o rami di castagno (come nell’essiccatoio di Genico a Lierna), collocandoli abbastanza vicini per impedire la caduta delle castagne, ma abbastanza distanti per consentire il passaggio dell'aria calda, generata dal fuoco che veniva poi acceso a terra.

 

Le dimensioni dell’essiccatoio variavano da 2 a 4/5 metri di lato in rapporto alla quantità di castagne che il fondo poteva produrre, e potevano contenere circa 10/15 gerle da 30 kg di castagne, circa 4 quintali.

 

L’essiccatoio poteva essere ad un solo vano e in questo caso le castagne venivano scaricate vada una finestra esterna, aperta più in alto del graticcio.

 

Se invece presentava un vestibolo nel quale si potevano depositare attrezzi, vestiti da lavoro, cibarie ecc., la graa era accessibile da questo con una scala a pioli.

 

 

 

 

 

 

Via via che la raccolta procedeva le castagne venivano scaricate sul graticcio e distribuite a formare uno strato uniforme. Lo strato delle castagne sul graticcio non doveva essere inferiore ai 40 cm, perché una parte del calore si sarebbe dispersa senza essere utilizzata, e non doveva superare i 60 cm perché la temperatura nella zona superficiale non sarebbe stata sufficiente all'essiccamento e l'umidità prodotta dalle castagne avrebbe favorito il rapido sviluppo di muffe.

 

L’essiccamento avveniva in questo modo:

 

 nel locale sottostante c’era un braciere dentro il quale si mettevano a bruciare grossi ceppi (sciòcch) mescolati alle bucce secche delle castagne (pell di castegn) dell’anno precedente per soffocare la fiamma. Il calore distruggeva in breve le larve della Carpocapsa splendana (verme delle castagne). Ceppi e bucce alimentavano il fuoco, le bucce regolavano la combustione dei ceppi in modo che "el brasàss ", cioè bruciasse senza fiamma, ma con tanto fumo.

 

Il fuoco doveva funzionare regolarmente e produrre fumo per dare alle castagne il giusto aroma. Se si sviluppava una fiamma troppo alta le castagne bruciavano; se il calore era troppo scarso, le castagne non essiccavano bene e rischiavano di ammuffire nel corso dell’inverno.

 

Nei tempi precedenti la prima guerra mondiale la maggior parte delle famiglie andava a vivere nell’essiccatoio portando con sé soltanto la padella per fare le caldarroste, il paiolo per far bollire le castagne e il bariletto per l'acqua; per tutta la durata della raccolta non mangiava altro.

 

 

 

Attorno al rustico focolare si raccoglieva un tempo l'intera famiglia e, mentre si seguiva con attenzione l'essiccamento delle castagne, si cucinava nella marmitta appesa alla catena che pendeva dalla graa.

 

 

 

Piccole quantità di castagne si potevano essiccare anche in casa: si mettevano nei cesti e si appendevano nella cappa dei camini così che ricevevano calore e fumo. Oppure si realizzava un ripiano di scodech come prolungamento della mensola del camino che fungeva da piccola graa.

 

L’essiccatura delle castagne era un'operazione piuttosto difficile perché occorreva girare spesso i frutti per non farli seccare troppo.

 

 

 

La durata dell'essiccazione variava dai 20 ai 30 giorni. Dopo le prime due settimane di fuoco si procedeva al rivolgimento delle castagne sul graticcio. Le castagne venivano scaricate dalla graa avendo l'avvertenza di tenere grossolanamente divisi lo strato superiore da quello inferiore in modo da poterla ricaricare in posizione invertita. Le operazioni di essiccazione poi riprendevano fino a completamento.

 

 

Un altro sistema per conservare le castagne era la produzione di filét. Il filét si faceva infilando le castagne fresche con uno spago; in questo modo, si formava una collana anche molto lunga che veniva poi essiccata appendendola a una parete o sui balconi.

 

Un altro metodo di essiccazione era l’uso del caniccio o metato. Il caniccio era una sorta di piccola casetta, dove a livello del terreno era sempre acceso un fuoco di legna di castagno e a circa 2 metri di altezza erano poste le castagne ad essiccare su un piano costruito da pali, sempre di castagno. In questo modo con il calore del fuoco sottostante le castagne in circa 20 giorni si essiccavano.

 

Pestatura Quando le castagne erano secche si procedeva alla battitura per separare il frutto dalla buccia secca.

 

Radunati intorno ad un grande ceppo o vicino ai gradini della abitazione,  i proprietari delle castagne cominciavano ad infilarle in speciali “sacch de tela de ca”, tessuti appositamente con canapa grossa affinché fossero più robusti possibile.

 

Erano stretti e lunghi 60/70 centimetri, alla estremità interna venivano cucite due palle di stracci, si riempivano a metà poi, uno per mano, venivano battuti sul ceppo o sui gradini con movimenti ritmici da tutti i partecipanti.

Dopo una decina di minuti i sacchetti venivano svuotati e si procedeva all’altra importante operazione: la vagliatura. Con il val, cesto semipiatto a largo ventaglio che, tenuto per i manici e scrollato con gesti sapienti, con un’operazione faticosa e monotona, faceva cadere la scorza per terra, mentre le castagne restavano al suo interno. Il vaglio veniva usato dalle donne che, con abilità, lo agitavano con brevi e rapidi movimenti ritmici in alto e in basso, a destra e a sinistra.

 

La mazza o spadija era un ceppo cilindrico o quadrato di quasi mezzo metro di diametro o lato, spesso 15-20 cm e munito di un manico ricurvo. La faccia inferiore aveva una superficie dentata con sporgenze a forma di tronco di piramide. Veniva manovrata abilmente con un movimento ritmico, simile a quello del pendolo.

 

Terminata l’operazione di vagliatura la castagna doveva presentarsi senza la pellicina e questo significava che il lavoro era stato fatto bene.

 

Ma non sempre si usava battere le castagne con i sacchetti di tela di canapa. A volte si usava un grosso ceppo di castagno scavato al centro a mo’ di mortaio e si battevano dall’alto in basso con il pesta castegn.

 

 

 

 

Era un apposito pestello di legno, verticale con una traversa per manopola, in fondo al quale erano conficcati dei chiodi che servivano appunto a rompere il guscio delle castagne.

Altre volte questa specie di mortaio era costituito da una grossa pietra scavata, la cosiddetta pila. Tuttora se ne trovano alcune in disuso anche nelle nostre frazioni, a volte utilizzate come fioriere.

 

 

Pila per castagne situata a Lierna (Genico)

 

Cernita L'ultima operazione di cernita, eseguita in genere dalle donne, veniva fatta più tardi durante le sere autunnali, spargendo le castagne su grandi tavoli per selezionare le castagne a seconda delle dimensioni e dello stato di integrità dopo la pestatura, per eliminare quelle marce o intaccate dal verme che venivano date ai maiali o, bollite, alle mucche, e per togliere i residui di sansa (camisa).

 

 

 

Le castagne venivano anche passate in appositi setacci  a trame differenti appesi alle travi dei soffitti, per ripulirle definitivamente dai residui. C'erano poi quelle che avevano ancora il guscio o la pellicina interna e dovevano perciò essere battute un'altra volta.

 

Infine si mettevano da parte, riposte in apposite cassapanche, quelle bianche e grosse, divise in due parti a seconda della pezzatura in quanto quelle più grosse impiegavano più tempo a bollire.

 

 

 

Le “castagne bianche” erano il prodotto finale, pronte per essere utilizzate per tutto l'inverno: insaccate e vendute, andavano a formare la parte più consistente del misero reddito dei contadini, mentre, cucinate, ne costituivano la base alimentare.

 

 

 

 

 

Il castagno per secoli ha sfamato con i suoi frutti intere generazioni ed ha costituito la base alimentare delle popolazioni rurali che in esso trovavano rimedio a carestie e povertà.

 

Il ciclo reimpiegava tutte le risorse: le castagne buone erano nutrimento per l’uomo, quelle guaste per gli animali, le scorze si usavano l’anno successivo per alimentare il fuoco dell’essiccatoio, le foglie come lettiera per il bestiame nelle stalle;i ricci venivano messi nella zoca: un buco nel terreno con funzioni di torbiera dove i ricci marcendo sarebbero diventati concime per gli alberi. Il suo legname serviva a riscaldare i casolari, forniva tannino per la conciatura delle pelli e materia prima per costruzioni e attrezzi di uso quotidiano.

 

 

 

Le castagne per il loro basso costo, l’alta reperibilità e l’elevato potere nutritivo venivano utilizzate come alternativa ai cereali, sostituivano spesso il pane di segale, da cui il nome di “pane dei poveri”.

 

 

 

Ed è proprio in questa lotta per la sopravvivenza che i poveri hanno imparato ad utilizzare e cucinare le castagne nei più svariati modi.

 

I modi di cottura erano molto semplici: le castagne venivano lessate in pentola con acqua o arrostite con una padella bucata. Chi ne aveva la possibilità le cuoceva anche al forno.

 

Quando le castagne erano pronte, la padella veniva posta sull'angolo del focolare e tutti i familiari si disponevano attorno a sbucciare e preparare le belle mondine gustose e saporite.Tra i modi antichi di cucinare le castagne ricordiamo:

 

 

Castègn e làcc: castagne essiccate, sbucciate e lessate in acqua salata con l’aggiunta di qualche seme di finocchio. A cottura ultimata si mettono in una tazza con latte e zucchero.

 

 

Castègn e patati: in una pentola con acqua calda salata si cuociono castagne essiccate e pezzi di patate.

 

 

Buröll: sono le caldarroste abbrustolite fresche sulla fiamma del fuoco. Prima di toglierle dalla padella si usa farle “masarà” (inumidirsi) coperte da foglie di verza.

 

 

Peladèi: le castagne fresche e più grosse vengono sbucciate lasciando però la pellicina e si fanno lessare in acqua salata con semi di finocchio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Macinate in mulini ad acqua con macine di pietra opportunamente scanalate, le castagne diventavano una farina da impiegare come succedaneo delle più costose farine di cereali nella preparazione di polenta, focacce, pasta e zuppe.

 

Generalmente la farina di castagne veniva adoperata aggiungendo acqua ed un pizzico di sale e dopo un'opportuna amalgamatura era pronta per i diversi tipi di cottura.

 

 

 

 

 

 

Le castagne fresche hanno un elevato contenuto calorico (160 Kcal ogni 100 g di prodotto edibile); il saccarosio (6,7 g/100 g) è in quantità più elevata che in frumento, noci e patate ed è il principale zucchero mentre glucosio, fruttosio e maltosio sono presenti in quantità minime.

Per la ricchezza di glucidi i frutti hanno proprietà energetiche e sono perciò molto efficaci nelle astenie fisiche e intellettuali, per chi pratica sport o è soggetto a stress, mentre sono sconsigliati per i diabetici.

La farina sopperisce, nella preparazione di dolci e minestre, al fabbisogno di carboidrati anche nei soggetti che presentano intolleranza ai cereali.La corteccia e il legno del castagno, come la pelle dei frutti, contengono un’alta percentuale di tannino e le loro proprietà sono di tipo astringente. Per questo sono raccomandate le castagne secche nella cura delle diarree.Le foglie del castagno in infusione sono utilizzate per curare tossi e bronchiti.

 

 

 

L'acqua in cui sono state cotte delle castagne puo' essere usata dopo lo shampoo per esaltare i riflessi dei capelli biondi.

Dal legno si ricava, per distillazione, alcool metilico (spirito di legno); il legno è inoltre impiegato nella produzione di pasta di cellulosa. Sovente l’interno dei tronchi di castagno si infradicia in un composto terroso e scuro, per effetto della carie; si forma così un prezioso terriccio per giardinieri (la cosiddetta terra di castagno), che viene usato nell’invaso di piante richiedenti terreni soffici e ricchi di humus.

 

 

Una giornata con le castagne……

 

1 A colazione castagne cotte. Al forno o bollite, aiutano a combattere la stanchezza tipica d'inizio autunno perché sono ricche di magnesio e manganese.

2 A tavola al posto del grano. Ricche di carboidrati, aminoacidi, sali, vitamine possono essere un gradevole sostituto del pane integrale. Si legano bene con verdure e ortaggi. E' invece sconsigliata l'associazione con frutta acida, proteine animali, pane, zucchero e vino (anche se l'abbinamento è classico) perché può scatenare fenomeni fermentativi.

3 Durante il giorno qualche castagna cruda. Non è così usuale e non a tutti può piacere il sapore della castagna cruda, ma addensa la saliva e forma anticorpi per proteggere dai malanni stagionali, tonifica i muscoli, i nervi e le vene.                                               4 A merenda un tè con le foglie. Le foglie del castagno vengono raccolte in aprile e maggio e possono essere usate come rimedio per la tosse perché sono sedative e danno sollievo. Basta mettere, in un litro di acqua bollente, una manciata di foglie essiccate, filtrare bene e bere l'infuso.

 

5 Quattro gocce di fiore, quattro volte al dì. Il fiore verde/giallo del castagno, che sboccia all'inizio dell'estate, secondo la fitoterapia di Bach aiuta a rinascere. Si chiama Sweet Chestnut ed è efficace, se ci si crede, soprattutto per restituire la speranza nei momenti di sconforto.

6 Un bagno di ricci. Si può rinforzare lo scheletro e curare i reumatismi facendo bollire in due litri di acqua due manciate di foglie fresche di castagno e una decina di ricci, per venti minuti. Aggiungete il tutto nell'acqua della vasca, facendo questo bagno almeno due volte alla settimana.

 

7 Impacchi di polpa e corteccia.La   polpa della castagna, cotta e setacciata , può essere applicata sulla pelle e ha un effetto emolliente; la corteccia dell'albero invece, incisa, staccata e fatta seccare (in primavera o in autunno, i periodi di riposo della pianta) ha un effetto astringente e decongestionante.

8 Prima di dormire qualche gemma. Il rimedio: macerato di gemme di castagno è ottenuto dai tessuti embrionali in crescita della pianta. E' utile per essere più energici e ricaricarsi nei periodi di stress.

 

 

Le leggende sulle castagne

 

Perché le castagne hanno il riccio

Tanto tempo fa, le castagne non avevano il riccio, ma erano appese ai rami come le mele. Un giorno tre castagne decisero che quell’inverno non volevano soffrire né il caldo né il freddo ed andarono dal castagno più vecchio per farsi dare un consiglio. Arrivate da lui gli chiesero:

 

Come possiamo fare a non soffrire né il freddo né il caldo?- l’albero rispose:

Dovete chiamare i ricci del bosco e dire loro di portare gli amici morti- Le castagne fecero come aveva detto loro il grande castagno: i ricci portarono gli amici morti, tolsero loro la pelliccia spinosa e la avvolsero sulle castagne. Da quel giorno le castagne ebbero il riccio.

 

La leggenda di Sant’Antonio

 

Centinaia di anni fa, quando c'era molta povertà, a Sant'Antonio, in Val Masino, viveva una povera donna con i figli. Il problema principale era cercare un po' di cibo per sfamare i suoi bambini. Un brutto giorno, non riuscì a trovare niente; così, vedendo la fame dei propri figli, non seppe far altro che prendere una pentola, riempirla di sassi e metterla sul fuoco, fingendo che fossero castagne. Mentre l'acqua bolliva, cercò di distrarre i bambini raccontando loro le cose più strane, sperando così di addormentarli facendo loro dimenticare, per quella sera, la cena. La fame, però, aveva continuamente il sopravvento spingendo i bambini a chiedere alla madre se le castagne fossero cotte. Ormai i sassi cuocevano da molto tempo e la donna decise di raccontare la verità ai figli. Prese la pentola dal fuoco e, posandola per terra fece avvicinare i bambini: con grande stupore vide che i sassi si erano tramutati in castagne. Così la poveretta, almeno per quel giorno, riuscì a sfamare i suoi piccoli.

 

Perchè il frutto della castagna si apre a croce?

 

Un'antica leggenda narra di un piccolo paese di montagna i cui abitanti molto poveri non avendo di cui mangiare si rivolsero a Dio pregandolo di dar loro di cui sfamarsi. Il buon Dio sentite le loro preghiere diede loro una pianta da cui poter raccogliere frutti nutrienti da poter mangiare, il castagno; ma il Diavolo visto quello che Dio aveva fatto, per impedire che la gente potesse raccogliere i frutti, li avvolse in un guscio spinoso. Presi dallo sconforto gli abitanti del piccolo paese ritornarono nuovamente a pregare Dio ed egli sceso in mezzo a loro fece il segno della croce: i gusci spinosi come per miracolo si aprirono, e da quel giorno, quand'è periodo, i frutti di questa pianta si aprono a croce.

 

        La leggenda del castagno

 

Gli uomini della montagna, esasperati dalla scarsità di cibo, decisero di scendere a valle dove tanti e fecondi erano i frutti della terra. Ne informarono S. Ubaldo che viveva fra loro per evangelizzarli; il sant'uomo tentò di convincerli che a valle vi era sì abbondanza di cibo, ma anche nebbia e malaria. I montanari erano irremovibili. A S. Ubaldo non rimase altro da fare che inginocchiarsi e pregare Dio affinché mandasse a quella gente il pane.

 

Si trovava sotto un grande albero frondoso e, al termine della preghiera, volse in alto lo sguardo: subito dall'albero si staccò un frutto che cadde al suolo. Curiosi gli uomini lo raccolsero ma rimasero delusi vedendo che era ricoperto di spine. S. Ubaldo però non si perse d'animo, benedisse la piccola sfera spinosa e quella improvvisamente si aprì a croce svelando tre piccoli frutti scuri e rotondi.

 

Il Castagno dei Cento Cavalli

 

 

 

E’ un albero di castagno plurimillenario, ubicato nel Parco dell’Etna in territorio del comune di Sant’Alfio. Avrebbe dai due ai quattro mila anni di vita , è l'albero più antico d'Europa ed il più grande d'Italia. Misura circa 22 mt di circonferenza del tronco, per 22 mt d'altezza.

 

La sua storia si fonde con la leggenda.            Si narra che la Regina Giovanna I d’Aragona con al seguito cento cavalieri e dame, coi loro cavalli, fu sorpresa da un temporale durante una battuta di caccia nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i rami trovò riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continuò fino a sera, così la regina passò sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o più amanti fra i cavalieri al suo seguito.

 

Le ricette   con le castagne

 

Gnocchi di castagne

 

Fate bollire 400 gr di Patate e 400 gr di Castagne secche messe in acqua una notte,  schiacciatele e mischiate insieme a 1 Uovo, 150 gr di Burro e sale. Impastate il tutto con farina e poca acqua , formate gli gnocchi, lessateli, conditeli con burro e salvia e.........Buon Appetito.

 

 

 

A piacere gli gnocchi possono essere conditi anche con sugo di funghi , salsiccia o cacciagione.

 

 

 

Tagliatelle di castagne

 

ai finferli

 

 

Mescolate 300 gr di farina di castagne e 200 gr di farina bianca, salate e impastate con  4 uova, tirate la sfoglia e tagliate a tagliatelle. Rosolate la cipolla tagliata fine con 150 gr di pancetta  affumicata e 300 gr di  finferli, irrorate con il vino e fate sfumare. Aggiungete  una tazza di sugo di carne e 2 cucchiai di salsa di pomodoro, salate  e pepate e cuocete per 15-20 minuti.

Lessate la pasta e condite con  il sugo.

 

 

 

Minestra di castagne

 

 

 

 Portate ad ebollizione 2 l di acqua con ½ l di latte e il sale, unite  300 gr di castagne  secche  ammollate in acqua dalla sera prima e lasciate cuocere fino a che risultino morbide, in seguito aggiungete 2 pugni di  riso.

Ultimate la cottura e condite con poco olio e/o burro. Servite caldissima.

 

 

Zuppa di castagne

 

Lessate 250 gr di castagne  già sbucciate con le foglie di alloro. In una casseruola soffriggete brevemente in un filo d’olio mezza cipolla tritata e 60 gr di  pancetta affumicata a pezzetti. Aggiungete 200 gr di funghi porcini tagliati a pezzi e fate soffriggere per una decina di minuti. Bagnate con 50 ml di  marsala, fate evaporare ed unite 200 gr di  fagioli cannellini cotti, le castagne, la salvia spezzettata, il sale ed il pepe. Lasciate cuocere a fuoco lento per un altro quarto d’ora. Servite la zuppa a piacere con crostoni di pane tostato.

 

Risotto con le castagne

 

 

Lessate 300 gr di castagne con un rametto di rosmarino, sbucciatele , tenetene da parte la metà scegliendo le più belle e passate le altre. In una larga padella fate appassire in olio la cipolla affettata finemente, quando ha preso colore unite 350 gr di riso, fatelo tostare, aggiungete il passato di castagne, fate insaporire per qualche minuto e portate a cottura il riso aggiungendo il brodo bollente. In un pentolino fate saltare con poco olio  150 gr di  salsiccia spellata e spezzettata, unite le castagne intere e quando il riso è cotto  mantecatelo con burro o panna e servitelo  guarnito con il soffritto di salsiccia e castagne intere .

 

Cosciotto  di cinghiale

 

con  castagne  e mele

 

 

 

Cuocete in abbondante acqua salata 2 kg di castagne incise con un taglietto; sbucciatele e fatele cuocere per altri 15 minuti, eliminate la pellicina e setacciatele riducendole in purea. Praticate 4 o 5 incisioni profonde in un cosciotto di cinghiale di circa 2 kg e mezzo ed introducetevi dei pezzetti d'aglio. Ungetelo con burro ammollato, salate, pepate e fate arrostire in forno o a  fuoco vivo. Durante la cottura bagnate con il sugo di cottura ed il cognac. Tenete in caldo sia il cosciotto che la purea di castagne; sbucciate  2 kg di  mele, affettatele e friggetele  nel  burro. Affettate parte del cosciotto e presentatelo sul piatto di portata con la purea di castagne e le mele brasate.

 

Pollo ripieno di castagne

 

arrosto

 

 

 

Lavate ed asciugate il pollo mettendo da parte le rigaglie. Fate cuocere  le rigaglie nel burro, salate e pepate. Toglietele  dal tegame, aggiungete un pò di brodo al sugo di cottura e impregnatene la mollica di un panino, formando un composto denso. Spellate 200 gr di salsiccia, tritate le rigaglie e  20 gr di funghi secchi già ammorbiditi, unitevi 500 gr di castagne  (secche e ammorbidite in acqua tiepida) e passate tutto nel tritacarne. Ponete il composto in una terrina, aggiungete un pizzico di noce moscata, amalgamate e, con la farcia ottenuta, riempite il pollo. Fate cuocere lentamente in forno, bagnando di tanto in tanto con il brodo e il sugo di cottura.

 

Castagnaccio

 

Mettete 500 gr di  farina  di castagne setacciata in una terrina , versatevi  750 ml di acqua ed un pizzico di sale, mescolando con cura per evitare che si formino grumi. Ungete di olio una teglia, versatevi l'impasto livellandolo all'altezza di circa un centimetro e cospargetelo con  80 gr di uvetta sultanina , già ammollata in un pò d'acqua tiepida ed asciugata, 60 gr di pinoli ed un cucchiaio di semi di finocchio. Irrorate con un filo d'olio e infornate a 250° per 15 minuti.

 

 

 

Frittelle di castagne

 

Setacciate la farina dolce di castagne  e ponetela in una terrina con un pizzico di sale, limone grattugiato e zucchero, quindi poca alla volta aggiungete acqua e un po' di lievito in modo da ottenere una pasta  morbida. Mettete al fuoco una padella con olio e cominciate a cuocere le frittelle versando l'impasto un cucchiaio alla volta. Spolverate di zucchero e servite.

 

A piacere potete aggiungere all’impasto  uva sultanina e pinoli.

 

Squisitù

 

Mescolate 200 gr di burro sciolto a bagno Maria con 250 gr di farina di castagne, aggiungete  3 uova e 200 gr di zucchero. Amalgamate il  composto, mettetelo in una tortiera imburrata e infarinata e cuocete in forno  a 180° per 30 minuti  o per un tempo superiore se  preferite una torta più biscottata. Servite  spolverizzando con zucchero a velo.

 

Questo dolce è ottimo accompagnato da gelato alla vaniglia o crema inglese.

 

Monte Bianco

 

Incidete 1 kg di castagne su un lato e lessatele per 20 minuti circa, sbucciatele e togliete la pellicina interna. Passatele al setaccio e rimettetele in una casseruola con  ¾ di latte e 1 bustina di vanillina. Cuocete almeno mezz'ora e quindi mettete il composto, nel frattempo addensato, in un altro recipiente con 200 gr di zucchero e un bicchierino di  rum bianco. Fate bollire lentamente finchè la purea si stacca dalle pareti della pentola. Lasciate raffreddare. Passate la purea con lo schiacciapatate, formando su un piatto un cono di "vermicelli", copritene la punta con molta panna montata già zuccherata e spolverizzare con il cacao.

 

Servite accompagnandolo con delle meringhe.